LE STRAVAGANZE DELLA TENEREZZA

In occasione del rinnovo di scadenza annuale del contratto di uno storico cliente della mia agenzia, lo cerco al telefono per fissare un appuntamento, una consuetudine che dura da parecchi anni.

Mi risponde Sandra, sua moglie.

Scambiamo qualche battuta e, tra una parola e l’altra, mi fa intendere che Gianfranco, pur essendo ancora lucido e presente nonostante i suoi novantatre anni, è costretto a letto per la quasi totalità del tempo a causa di forti dolori ossei.

Questo giustifica la sua inusuale intromissione, dal momento che in precedenza avevo sempre trattato le questioni professionali con il marito.

Prendo dunque accordi per la visita con Sandra, anche lei avanti con l’età, ma più dinamica e attiva. Lei e Gianfranco stanno insieme fin dalla giovinezza e dalla loro unione non sono arrivati figli, circostanza che mi appartiene.

Arrivato il giorno stabilito, mi presento all’appuntamento.

Sandra mi accoglie sorridente, sussurrandomi che Gianfranco è seduto nella stanza a fianco, sotto uno strato di maglioni morbidi e caldi per avversare le basse temperature, che patisce in modo particolare.

L’ha convinto a lasciare il letto per il divano, per rendersi presentabile alla mia visita.

Sandra mi dirotta in cucina, e già mi sembra una stranezza, dal momento che negli anni precedenti venivo sempre ricevuta nel salone, come si fa con gli ospiti di riguardo.

Non che la situazione mi disturbi, ma è certamente anomala; è come se si fosse improvvisamente aperto un nuovo canale di maggior confidenza, che rasenta l’intimità.

E siamo già alla seconda stramberia.

Mi siedo, facendo una breve panoramica della stanza: tutto è ordinato e lindo, mentre l’arredamento d’antan mi procura una paramnesia, facendomi fare un salto all’indietro nel tempo da ferma.

Per rompere il ghiaccio, le dico che la trovo bene.

Lei si schernisce, dicendo che ormai è vecchia.

Replico che anche io non sono ormai più tanto giovane: lei, di rimando, dice che scambierebbe volentieri la mia età con la sua.

Mi precisa, con un orgoglio un po’ vezzoso, che lei, alla mia età, ancora sciava sulle Dolomiti e, a riprova, mi mostra una foto che stacca dalla vetrinetta del mobile alle mie spalle.

Il ritratto riprende lei e Gianfranco in versione “discesa libera”.

Guardo la foto e faccio un commento che ora non ricordo: ma che ho parlato con tenerezza, questo sì, lo rammento bene.

Improvvisamente Sandra si avvicina, sfiorandomi i capelli con la mano.

“Che belli i tuoi capelli, sembrano d’argento” esclama, passando al tu.

Ringrazio del complimento, un po’ stupita per l’azzardo del gesto.

Non si scosta da me: muove solo la mano dai capelli al volto: mentre mi dà una carezza, mi dice “Come sei bella!”

Di primo acchito penso che abbia ovviamente smarrito gli occhiali da presbite, ma non riesco a non avvertire il suo affetto sincero; così ringrazio del complimento, con un velo di imbarazzo.

E giungiamo così alla terza stravaganza.

Mi rimane vicina, ma ancora più protesa verso di me.

Piantando i suoi occhi cerulei nei miei, mi chiede in un sussurro tremulo d’emozione:

“Se dovesse succedermi qualcosa e Gianfranco rimanesse solo, posso dirgli di chiamarti? Sono certa che saresti in grado di provvedere alla sua sistemazione”.

Disarmata, confermo comunque la mia disponibilità, mentre mi travolge un’emozione che non riesco a celare.

E’ un fuggevole momento, un attimo in cui mi sento la figlia che Sandra non ha mai avuto mentre lei si sente la madre che non è mai stata.

A quel punto siamo oltre la bizzarria.

Svanisce l’incanto.

Provvediamo a sistemare l’incombenza per la quale sono venuta e poi mi invita ad andare nell’altra stanza, per un saluto a Gianfranco.

E’ stanco, e immagino che non veda l’ora di raggiungere di nuovo il letto per dare tregua alle sue ossa; così, dopo un brevissimo dialogo, mi congedo.

Sandra mi accompagna all’uscio e rimane in attesa dell’arrivo dell’ascensore, come a trattenermi accanto a sé fino all’ultimo istante.

Continua a ringraziarmi sorridente, quasi sollevata.

Ci scambiamo un ultimo sguardo: il suo carico di speranza, il mio simile a una promessa.

Credo che questo sia uno dei più bei doni di Natale che io abbia mai regalato.

Informazioni su ottobiscotto

Nasco a Milano, città in cui vivo. Ho la presunzione di essere simpatica, lasciandomi anche la libertà di non esserlo. Quando ho qualcosa da dire la scrivo, ma non sempre. Mi piace fotografare la vita con le immagini e con le parole. Dipingo acquarelli.
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