MILANO MARATHON 2014

pettorale 2 Il giorno della Milano Marathon è arrivato ed io, con altri tre matti, affronteremo insieme la nostra staffetta.
La splendida mattinata suggerisce un’estate che ancora non è, ma fa davvero caldo.

Faccio un’abbondante colazione, mi preparo con cura e appunto il pettorale sulla maglietta:
il numero è 1503D, dove D sta ad indicare che io sarò la quarta staffettista del Team “Gli Amici di Allegra”.

La meticolosità con cui eseguo questa operazione è un modo per tenere a bada l’ansia, che cresce via via che il tempo scorre.
Strano come questa inquietudine mi avvolga:
quando corro non presto troppa attenzione a tempi e percorsi.
Corro e basta.
Invece oggi sento la tensione della gara
e la responsabilità di partecipare alla competizione con una squadra:
dovrò impegnarmi.
Sono pronta, ed è ora di andare.
Un ultimo check per verificare se ho tutto,
e parto da casa vestita come una runner di quelle serie.
Mi accompagna un’ansia da prestazione che lascerò andare via solo qualche ora dopo.

Nella metropolitana stipata, incontro i podisti che hanno già terminato la gara,
ormai liberi di rilassarsi,
o quelli che, come me,
stanno andando a chiudere la gara nell’ultima frazione della staffetta.
Sento un’aria carica d’eccitazione adrenalinica che mi contagia, inevitabilmente.

Eccomi a Pagano in compagnia di Pakoloco, venuto a sostenere il team e a scattare foto.
Resto in attesa di Stefano che dovrà consegnarmi il chip,
e la tensione arriva al culmine.
“Dai Stefano, arriva che parto!” penso,
in preda ad una voglia di correre irrefrenabile.
Poi lo vedo, accaldato e stanco, e agito le braccia per farmi vedere,
casomai non riuscisse ad individuarmi nella folla.
Ci scambiamo il testimone e, tempo di una foto, sto già correndo.

Voglio fare bene; parto a passo sostenuto,
a dispetto di ciò che sempre si dovrebbe fare.
Il mio obiettivo è migliorarmi rispetto alla prestazione dell’anno scorso.

Procedo regolarmente e, come spesso mi capita,
osservo chi mi precede per prendere una persona come riferimento;
è un espediente che adotto per monitorare la mia andatura.

La scelta cade su di uno spilungone, e non perché sia attraente,
ma perché svetta dalla massa con una maglietta giallo evidenziatore
e un casco di capelli biondi.
Ben presto capisco che ha un andamento più veloce del mio
e la distanza tra noi si allunga: lo lascio andare.

Allora sposto l’attenzione su una ragazza che mi sembra corra più o meno come me:
non la mollerò più.
Corro e i metri diventano chilometri,
che il mio Runtastic – una simpatica applicazione sul cellulare –
non dimentica di segnalarmi.

Non riesco a pensare che alla corsa, a come mi senta.
E mi sento bene:
riesco a correre in scioltezza, stupita anche del fatto
che riesca a superare più persone di quelle che mi superano.
Ma sono proprio io?

Sono concentrata e nulla mi distrae,
anche questa è un’anomalia: di solito quando corro,
corre anche la mia testa.
Invece sono presente e determinata nel mio procedere
e mi incito a mantenere l’andatura, che mi sembra buona.

Percorro le vie di una Milano assolata e calda,
con un cielo azzurro che è una meraviglia.
Non mi faccio però sviare e rimango attenta a non rallentare,
respirando, e ad ascoltare la cadenza regolare della falcata sull’asfalto.

Sono in Buonarroti e poi mi ritrovo, non so come, in Piazza Damiano Chiesa.
Mi avvicino sempre più alla meta:
sono già in Corso Sempione, che di solito è il mio incubo,
perché mentre lo si percorre appare infinito.
Sono piacevolmente sorpresa che quest’anno abbiano modificato il percorso
e quindi non dovrò correre nei due sensi di marcia: un vero sollievo.

Metto le ali ai piedi,
come tutti in prossimità del traguardo,
spingendo con l’ultima energia.

Manca poco, ma restando concentrata, mi ritrovo in Via Legnano.
In questo tratto di gara c’è molta più gente ad incitare i runners,
ed è utile, oltre che bello.

Svolto in Piazza Castello,
in mezzo a due ali di folla urlante, nel rush finale.
Cerco con lo sguardo Pakoloco, ma non lo vedo.
Poi mi sento chiamare con un urlo: “Catiiiii!”
E’ lui, che per l’emozione di vedermi dimentica di farmi la foto.
Ma non ha importanza,
perché in quell’attimo c’è un’emozione che una foto non potrà raffigurare.

Mancano pochi metri al traguardo,
non mollo ancora e poi lo supero, soddisfatta.
E’ finita e sì, sono proprio contenta.

Felice di aver dato il mio contributo al Team,
di sentirmi parte delle tante persone che hanno colorato la mia città,
che non è mai troppo gentile con i podisti,
anche se non ne ho mai capito il motivo.

Bello sarebbe se la Milano Marathon
fosse un evento che coinvolgesse veramente tutta la città,
dove le persone si sentono attori di qualcosa di importante.

Che meraviglia se il percorso fosse all’interno della città,
senza che gli automobilisti protestino perché limitati nei loro spostamenti:
sarebbe un sacrificio così grande lasciare l’auto parcheggiata per un giorno all’anno?

Si dice che Milano abbia “il coer in man”:
sarebbe stupendo che l’avesse anche in occasione della Maratona…
a battere all’unisono con quello di tutti noi corridori.

Informazioni su ottobiscotto

Nasco a Milano, città in cui vivo. Ho la presunzione di essere simpatica, lasciandomi anche la libertà di non esserlo. Quando ho qualcosa da dire la scrivo, ma non sempre. Mi piace fotografare la vita con le immagini e con le parole. Dipingo acquarelli.
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